Ieri sera mi sono ritrovata a leggere
un libro che ho comprato di recente. Parla dei vari servizi linguistici
esistenti e nella prefazione mette l’interprete e il traduttore a confronto, il
che è molto interessante.
La prima grande differenza, come sappiamo,
è che il traduttore traduce testi scritti, mentre l’interprete (consecutivo,
simultaneo, chuchotage ecc..) traduce testi orali. Ma ovviamente, mentre il traduttore
si deve comunque attenere al testo e non può decidere di omettere delle frasi o
concetti, l’interprete sulla base della sua bravura/esperienza può decidere quali
omettere. Oggi vorrei spendere due parole sull’interprete.
Ovviamente bisogna evitare di omettere numeri (cifre, date
…) quando si riproduce oralmente durante una trattativa, un convegno, una guida
ecc., perché i numeri sono molto importanti per focalizzare il quadro della
situazione e relative statistiche in certi contesti. Altra cosa, durante
l’interpretariato l’importante è esprimere
il concetto di base del messaggio e
non ha importanza se non si riproduce fedelmente, parola per parola, quanto è
stato detto.
Può essere rischioso tradurre un messaggio in modo errato se non si è capito
bene, visto che in certe situazioni dopo si rischia una brutta figura perché a
quel punto è difficile tornare indietro e
correggere il tiro (ad es. capire in un chuchotage che una procedura per la lavorazione di un materiale sia
in un certo modo e poi correggersi solo più tardi quando un termine o un
passaggio evidente della lavorazione ci fanno intuire che non avevamo capito
niente o quasi di quando tradotto a voce e quindi l’interprete si trova costretto a rispiegare tutto, facendo
perdere tempo a chi lo deve ascoltare, sembrando poco competente). Lo
stesso vale in situazioni di interpretariato medico, dove si potrebbe mettere a
rischio la vita di un paziente se si traducono dosi sbagliate di un farmaco o
il tipo di farmaco da somministrare.
Un fatto simile può accadere all’interprete di conferenza, che
ascoltando in cuffia i relatori di una tavola rotonda, ad un certo punto a
causa di un dialetto stretto/troppi slang o di una velocità troppo elevata dello
speaker non riesce più a stare dietro ad un discorso e si zittisce. Se si sta
facendo interpretariato simultaneo è
preferibile riprodurre un messaggio più in generale e poi cercare di recuperare
successivamente le informazioni ‘perse’ sulla base delle informazioni fornite a
mano a mano da chi parla, così chi ascolta la traduzione non riuscirà a
percepire che ci sono stati dei gaps
di comprensione. Questa tecnica di
recupero viene con gli anni di esperienza e di studi approfonditi nel
settore.
Per l’interpretariato consecutivo invece in alcuni casi si può ricorrere
al sistema di notazione (nelle scuole
di mediatori linguistici questa tecnica viene sempre insegnata e anch’io l’ho
praticata); l’interprete prende appunti su
quello che ascolta e sulla base dei dati e simboli
specifici annotati riproduce in seguito il discorso di chi ha parlato.
Sicuramente è meno stressante di un lavoro in simultanea, perché l’inteprete ha
il tempo di riorganizzare mentalmente tutte le informazioni e poi
rielaborarle nella lingua di
destinazione durante e dopo la fine del messaggio. Per fare un esempio, nel
2011 ho svolto interpretariato consecutivo di trattativa presso uno studio notarile
di Lucca, con 4 persone che dovevano accordarsi per vendere/comprare dietro
contratto di compravendita, e il sistema di notazione per numeri e date in quel
caso mi è sembrato davvero utile.
Poi c’è la tecnica del voiceover, quella applicata nelle
interviste o nei documentari ad esempio, dove in sottofondo si percepisce
appena la voce di chi racconta in lingua originale e a volume più alto la traduzione italiana orale
registrata che spicca sull’altra e ci fa capire il messaggio. Recentemente un’azienda
in provincia di Pisa mi ha chiesto questo servizio per tradurre a voce un’intervista
a un signore straniero sui campi di concentramento per realizzare un
documentario/diario storico. Lì ho sintetizzato con calma sulla base delle informazioni centrali,
tralasciando le cose che non importava tradurre.
A livello di stress, quello dell’interprete simultaneo/consecutivo/di chuchotage è sicuramente un mestiere che può
creare più stress nel momento in cui opera. L’ansia di sbagliare - se si è di
fronte a una situazione sulla quale siamo poco preparati oppure se non siamo
molto esperti - può giocare brutti scherzi. Meglio non farsi prendere dal panico quindi, e cercare di arrivare
al momento X preparati e con fiducia nelle proprie capacità.
La cosa migliore per un
interprete (e che lui/lei stessa dovrebbe sempre richiedere) è una scheda o del materiale su cui
prepararsi e basarsi per ‘non andare al buio’, sapere bene di cosa stiamo
parlando e chi sono i relatori, un tema generale del loro discorso ecc…se non
vogliamo imbatterci in situazioni che potrebbero creare errori di comprensione
e una conseguente errata traduzione orale.
Non accettare incarichi che potrebbero
non essere alla nostra portata è sicuramente una scelta matura e
consapevole, perché eviteremo di perdere la nostra reputazione e
professionalità conquistata pian piano. Meglio proporsi per meno settori, ma
fare una bella figura quando siamo operativi.
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